“Mamma ho mal di pancia”: il disagio nei piccoli

I bambini, come gli adulti, possono attraversare momenti di disagio e a volte anche di sofferenza. Questi momenti possono essere facilmente legati ad eventi accaduti nella vita della famiglia (lutti, separazioni, conflitti familiari, eventi traumatici etc), altre volte invece le connessioni sono meno evidenti e diventa difficile anche per i genitori darsi una spiegazione del disagio dei propri figli.

Come si manifesta il disagio nei più piccoli?
Il bambino manifesta il proprio disagio o malessere in modi diversi a seconda dell’età, delle sue capacità e possibilità di comprensione e spiegazione verbale, nonché del clima relazionale che lo circonda. Molte volte gli stessi genitori sono coinvolti in situazioni difficili o di sofferenza (lutti, traumi, separazioni) che rendono più naturalmente faticoso il processo di accoglienza del malessere dei più piccoli.
Una delle modalità più frequenti attraverso cui un bambino esprime il proprio disagio è l’alterazione di funzioni fisiologiche senza una spiegazione medica, come ad esempio l’emicrania, il mal di pancia, il vomito, il rifiuto di mangiare o il desiderio di alimentarsi continuamente. Oppure l’alterazione del controllo sfinterico (enuresi o encopresi). Anche cambiamenti significativi nel comportamento dei bambini possono essere espressioni attraverso cui essi cercano di comunicare, con le migliori risorse che trovano in quel momento, un disagio o un bisogno. Ne sono un esempio il mutismo, i comportamenti aggressivi ed oppositivi, le eccessive reazioni di rabbia o la difficoltà a rispettare le regole etc. Altro importante campanello d’allarme è la sfera legata all’apprendimento e al rendimento scolastico: significativi cali prestazionali o fatica a concentrarsi e a portare avanti le proprie attività quotidiane sono talvolta indice di preoccupazioni, pensieri, emozioni che possono occupare la mente del bambino e distoglierlo dalla sua quotidianità. In alcuni casi (soprattutto nei bambini più grandicelli) il disagio si può manifestare attraverso espressioni sintomatiche conclamate che si possono riscontrare in tutti o alcuni dei contesti di vita frequentati dal bambino: ansia, paure, fobie, disturbi psicosomatici ne sono degli esempi. Non bisogna tuttavia dimenticare che i bambini sono molto diversi l’uno dall’altro ed anche espressioni simili (di sofferenza ma non solo) possono avere significati che si diversificano molto tra l’uno e l’altro.

Le dinamiche familiari
Tale disagio inevitabilmente coinvolge tutta la famiglia, trasportandola in un oceano di emozioni e reazioni che vanno dalla difficoltà a capire e comprendere, all’urgenza di fare chiarezza e risolvere la situazione. Talvolta i genitori si rivolgono alle principali agenzie sociali per confrontarsi e trovare risposte (scuola ed insegnanti, oratori e luoghi di aggregazione, club sportivi frequentati dai piccoli, altri gruppi di genitori), non senza difficoltà, disagio o sensazione di trovare più uno sfogo come genitore che non risolvere il problema del proprio figlio. In altre occasioni invece si tende a non parlarne, per evitare (pre)giudizi, per riservatezza o vergogna. Ogni famiglia, nei momenti di difficoltà, trova le proprie risorse per far fronte alla situazione e per tentare di stare meglio.

L’aiuto del professionista: la consulenza familiare
L’aiuto di un professionista può essere una risorsa per tutto il nucleo familiare quando i genitori non riescono a comprendere il significato del comportamento manifestato dal proprio figlio o quando le strategie messe in atto per risolvere una situazione problematica non funzionano. La consulenza familiare diventa un’occasione per approfondire quanto sta accadendo al bambino e dargli un significato, nell’ottica contemporaneamente di sostenere e aiutare gli stessi genitori, chi è esperto del proprio figlio ed ha le competenze e capacità per poterlo aiutare. Dopo qualche colloquio familiare iniziale e la conoscenza del bambino attraverso momenti individuali, il professionista restituisce al piccolo e alla famiglia quanto emerso circa il lavoro svolto. Se necessario, lo psicoterapeuta lavora in rete con altri servizi e professionisti specializzati (pediatra, neuropsichiatra infantile, logopedista, psicomotricista, nutrizionista, etc).
Al termine della consulenza, a seconda del livello di sofferenza emersa nel bambino e nella famiglia e della sua espressioni al termine del percorso, viene indicata la necessità o meno di un percorso terapeutico più approfondito i cui obiettivi e risultati attesi vengono condivisi con genitori ed il bambino.