Reazioni emotive e pandemia: orientarsi e promuovere le nostre risorse interne

Cosa succede quando un evento stressante e ad alto impatto emotivo investe la nostra vita? Quando parliamo di evento stressante e quando di trauma?  Come si sopravvive a questi? Cosa possiamo fare per uscirne nel migliore dei modi e trasformare quanto accaduto in occasione di crescita e rinnovo di risorse?

La pandemia SARS-Cov2 ci ha messo di fronte a condizioni eccezionali e straordinarie, alterando completamente la nostra quotidianità e le nostre certezze. In questo senso l’evento si configura di per sé come stressante e poiché ha coinvolto tutti, possiamo dire che tutti noi siamo stati sottoposti ad un evento molto stressante. Ognuno ha risposto e risponde in modo diverso, a seconda degli strumenti che ha a disposizione: qualità e quantità delle risorse, aspetti soggettivi legati alla percezione di sé all’interno delle relazioni e alla percezione dell’altro rispetto a sé stessi.

Il nostro cervello però tende sempre a mantenerci in equilibrio e cerca di ripristinare un senso di padronanza e prevedibilità del mondo, “neutralizzando” lo stimolo nuovo e sconosciuto e provando ad integrarlo nel proprio mondo di esperienza. Ogni individuo lo farà a modo suo. Dunque possiamo dire, semplificando, che ogni individuo ha reazioni emotive specifiche che sono “normali”, se a causarle è un evento come una pandemia da coronavirus. Tuttavia ciò non significa accettare con passività qualunque cosa accada ed abdicare alla responsabilità di prendersi cura delle parti sofferenti o impaurite di noi, procrastinando possibili interventi per gestirla. Quindi, se da un lato l’evento estremo ed altamente stressante ha la potenzialità di indurre una sindrome traumatica, non è detto che in tutte le persone esposte si inneschi un meccanismo patologico traumatizzante (ovvero un trauma).

Essendo il genere umano dotato di resilienza, il nostro cervello tende a far prevalere le risorse interne, portandoci a ritrovare un equilibrio in modo abbastanza rapido (da qualche ora a qualche giorno), con un ritorno allo stato precedente all’evento stressante. Esempio: per alcuni giorni dopo l’esposizione è possibile riscontrare disturbi del sonno, livello di allarme/preoccupazione costante come se ci sentissimo sempre in pericolo, agitazione e ansia per la nostra o altrui salute. Si tratta di una risposta acuta da stress, ovvero una risposta fisiologica ad un evento abnorme, che pertanto non si configura come un disturbo e che può rientrare spontaneamente.

Quando la resilienza in uno stato di crisi acuta viene “spezzata”, accade che il nostro cervello vada in cortocircuito, faticando a ripristinare lo stato pre-traumatico con le solite e personalissime modalità di difesa con cui sino ad ora aveva fronteggiato le crisi o gli eventi stressanti. In queste situazioni si instaura la traumatizzazione, con tutto il suo corteo di sintomi che perdurano per tempi molto più lunghi: pensieri intrusivi, evitamento, disregolazione emotiva (rabbia, paura, tristezza, vergogna, senso di colpa). In tal caso è opportuno porli all’attenzione di uno specialista. Attenzione però, non dobbiamo pensare che questo sia indicatore di debolezza! Come dice un grande maestro della psicotraumatologia contemporanea, il professor Onno van der Hart, “ognuno di noi ha il suo punto di frattura” che viene raggiunto e soverchiato a seconda del numero e dell’intensità delle esperienze traumatiche vissute. Ciò che differisce tra le “normali reazioni acute” e lo sviluppo di sintomi tipici del disturbo da stress, è legato all’insieme di fattori protettivi e di rischio che caratterizzano ciascun individuo: qualità e quantità di risorse interne ed esterne, precedente livello di benessere, esposizione ad altri e passati eventi stressanti o traumatici, esposizione ad esperienze sfavorevoli nell’infanzia, etc..

Se chi legge si ritrova in sintomi traumatici, sente amplificate o aumentate emozioni come la rabbia, la paura, la vergogna, il senso di colpa, oppure riconosce che gli esiti della pandemia (isolamento, lutti, paura di ammalarsi, perdita o riduzione del lavoro, cambiamenti della quotidianità) abbiano esacerbato situazioni pregresse (ad esempio riaprendo antiche ferite emotive individuali o familiari), è opportuno che li ponga all’attenzione di uno specialista. E’ una preziosa occasione attraverso cui il nostro cervello ci comunica il cortocircuito, il sovraccarico di esperienze che ci hanno eccessivamente provato e che da solo non può più smaltire.

In altri casi il lettore potrebbe osservare una fatica di adattamento, percependo le proprie risorse resilienti più affaticate, ma non soverchiate: il funzionamento dell’individuo muta, si deforma, ma non si spezza. In generale possiamo osservare che il livello di stress a cui siamo stati acutamente esposti non sta calando completamente, anche se lo desidereremmo: rimangono inviti alla prudenza, incertezza rispetto al futuro del virus o rispetto alle conseguenze economiche, necessità di ripristinare un livello più usuale di vita socio-lavorativa mentre in virus è ancora in circolo (fase 2). 

In questo caso possiamo aiutarci con qualche accorgimento che faccia leva sulla nostra resilienza:

1) Cerchiamo di regolare le nostre emozioni. Significa mantenere lo stato neurofisiologico del nostro corpo né troppo attivato, né troppo apatico. Il “controllo del respiro” è ad esempio un utile strumento se ci troviamo in uno stato di eccessiva attivazione.

2) Cerchiamo di ripristinare una ruotine, degli appuntamenti a breve termine, sia con attività lavorative che ludico-ricerative relazionali.

3) Incanalare l’energia che sentiamo nel corpo dirompente (nelle reazioni traumatiche è il meccanismo automatico che permette al nostro corpo di difenderci da un pericolo scappando o attaccando) nell’attività fisica, realizzare delle cose, cucinare insieme, fare lavori in casa, prendersi cura delle cose e delle persone, etc. Questo garantisce di mantenere bassi i livelli di aggressività ed irritabilità. Cerchiamo di praticare gli esercizi di respirazione, la mindfulness, lo yoga, la meditazione, tutte attività di comprovata efficacia per calmare il corpo, restituire un senso di sé e contenere le normali reazioni fisiologiche di questo periodo.

4) Cerchiamo di disconnetterci per ri-connetterci in presenza. L’interazione con altri cervelli ed altri corpi, essere sintonizzati ed in relazione con gli altri è fondamentale per la condizione umana. In questa nuova fase, in cui è possibile rivedere ancora amici e parenti in presenza, potrebbe essere utile disintossicarsi dalle relazioni digitali e privilegiare quelle in presenza.

5) Cerchiamo di ripristinare il nostro senso di sicurezza interno. Cosa ci fa sentire al sicuro? Cosa ci aiuta a sentire il senso di calma interiore? Magari è un certo tipo di musica, una lettura, una buona sensazione,o la relazione con un animale domestico, mantenere il contatto fisico con i familiari o al contrario possiamo sentire la necessità di stare da soli e di recuperare spazi di autonomia ed individualità.

6) Prendiamoci cura di noi stessi e manteniamo bassi i livelli di stress. Alimentiamoci ed idratiamoci in modo equilibrato ed adeguato, dedichiamo del tempo all’esercizio fisico, la mantenimento del contatto con la natura, al riposo, creiamo una routine con rituali salutari, occupiamoci di attività che ci fanno stare bene e che affermino la nostra identità.

7) Portiamo avanti ciò che di buono la pandemia e l’isolamento ci ha portato. Cosa hai scoperto/riscoperto di te durante la quarantena? Qual è stato l’aspetto più positivo di questo periodo? Ad esempio, aver ritrovato la fede, valorizzare l’aiuto ricevuto e la solidarietà tra il vicinato, individui o comunità, aver dato più attenzione ai rapporti e meno alle cose, aver scoperto una maggiore capacità di controllo (“posso gestirlo”, ”ho superato questa cosa chissà quante cose posso superare”, “posso gestire le mie emozioni), voglia di ripartire etc.

Quando riusciamo a modificare un episodi negativo in una trasformazione positiva ed in uno stimolo di miglioramento, parliamo di “crescita post traumatica” . Si sviluppano così delle capacità in stretto collegamento con la riscoperta di poter fronteggiare gli eventi anche molto critici.

Affrontare una pandemia mette a dura prova la nostra capacità di essere resilienti: la nostra psicoterapeuta e psicologa è a vostra disposizione per accompagnarvi in un percorso personalizzato per recuperare le vostre capacità e la vostra resilienza.